Debora Vezzani, la bellezza del vero abbandono.

La bellezza del vero abbandono.
L’abbandono

Sono nata il 25 marzo 1984, festa dell’Annunciazione, del di Maria; sono stata abbandonata dalla mia madre naturale, Gabriella, che avendo grandi difficoltà non poteva tenermi ma ha comunque detto il suo “sì” scegliendo di darmi la vita nonostante i medici le consigliassero di abortire…così sono stata adottata.

La separazione dei miei genitori adottivi

I miei genitori adottivi mi hanno sempre detto la verità fin da piccola e mi hanno dato tanto, sostenendomi negli studi, nei miei sogni e nei miei progetti. Da bambina cominciarono a portarmi in parrocchia perché facessi parte di un ambiente di amicizie sano in cui crescere e così ho frequentato il catechismo e i sacramenti.
Dentro di me ho sempre sentito che mi mancava un pezzo, che non mi tornavano i conti; sapevo di essere stata adottata e la cosa non mi dispiaceva, non mi dava in apparenza nessun problema, ma dentro avevo un desiderio fortissimo di sapere chi era mia madre, perché mi aveva abbandonato e quali erano le mie origini. Ai bambini infatti non viene detto nulla dei genitori naturali, così come ai genitori naturali non viene detto nulla riguardo ai propri figli abbandonati. Sapevo solo di essere nata a Bologna. Negli anni mi sono informata sulle procedure per conoscere le mie origini e dopo aver compiuto 18 anni, andai al tribunale dei minori di Bologna e chiesi informazioni sulla mia storia: mi dissero che sarei dovuta passare all’età di 25 anni, perché per queste pratiche la maggiore età non bastava.
Delusa e arrabbiata tornai a casa. Il clima familiare stava diventando sempre più turbolento e i litigi sempre più frequenti e così, quando avevo 21 anni, i miei genitori adottivi si separarono.

La convivenza – Il matrimonio – Il distacco dalla fede

Io mi sentivo tirata da una parte e dall’altra e costretta a scegliere con chi stare. Tra i due “litiganti”, scelsi di andare a vivere con il mio fidanzato, un ragazzo molto più grande di me, con cui mi illusi di aver trovato un rifugio sicuro e tutto l’affetto che mi era mancato. All’inizio tutto sembrava andare bene. Condividevamo la stessa passione per la musica: eravamo sempre in giro tra concerti, prove e lezioni. Per la voglia di formare la famiglia che non avevo mai avuto, dopo aver insistito e dopo aver finalmente convinto il mio fidanzato, nel 2008 ci siamo sposati in Chiesa. Lui non è credente, ma mi ha assecondata, sposandomi per farmi un favore e per accontentarmi.
Durante la convivenza e durante il matrimonio il mio rapporto con la fede si è sgretolato pian piano. Io e mio marito frequentavamo solo sale da concerto, teatri, rassegne musicali e amicizie lontane dalla fede. In più il rapporto che avevo con la mia parrocchia era più che altro legato alle amicizie, ma interiormente non capivo fino il fondo il motivo della preghiera e della frequenza alla Messa e ai Sacramenti: cercavo più che altro di assolvere a dei doveri che mi sembravano anche buoni, ma privi di senso. Piano piano mi sono allontanata dalle amicizie della parrocchia e dalla frequenza ai Sacramenti: andavo di rado alla Messa (solo nelle occasioni importanti), non pregavo mai, non mi confessavo mai…e dentro di me crescevano sempre più l’angoscia, l’inquietudine, la rabbia e la disperazione, che mi portavano ad avere comportamenti non corretti con le persone che mi circondavano e che mi volevano bene.

2009 – Venticinque

In questo anno arrivò per me un’importante soddisfazione professionale: con il brano autobiografico “Venticinque” ho partecipato alle selezioni per il Festival di Sanremo posizionandomi fra i primi 10 finalisti su 421 iscritti; la canzone non andò in gara al Festival, ma venne comunque scelta per essere inserita in una compilation uscita in tutta Italia.
Il titolo rappresenta due tappe fondamentali della mia vita: 25 è il giorno della mia nascita e 25 è anche l’età in cui la legge consentiva di conoscere l’identità di mia madre naturale.
Il brano parla del mio desiderio di conoscere le mie origini, da dove e vengo e di chi sono, a chi appartengo. Tutti questi interrogativi sono racchiusi in alcune forti frasi del brano: “io non so chi sono, non so cosa cerco, che cosa ho perso”; “prepotente istinto, cordone ombelicale, mi è rimasto addosso e non si può staccare”.

2010 – La scoperta dell’identità di mia madre naturale – La fine del mio matrimonio

Nel 2010 ricevetti quindi l’autorizzazione dal tribunale dei minori di Bologna per poter accedere al fascicolo riguardante le mie origini, in particolare riguardante la storia di mia madre naturale.
Scoprii così la sua storia: anche lei era stata abbandonata, non aveva mai avuto una famiglia, nemmeno adottiva, aveva vissuto tra istituti medici e psichiatrici, tra tentativi di fuga e suicidio. Scoprii anche che era morta solo 4 anni prima e che per un pelo non avevo avuto l’occasione di conoscerla. Si chiamava Gabriella. Lessi l’incontro che ebbe con mio padre, che non conosco, la sua gioia nel sapere di essere rimasta incinta di me e il suo desiderio di formare una famiglia. Mio padre, da quel che emerge dai documenti, alla notizia ebbe reazioni violente e abbandonò mia madre. I medici a quel punto le consigliarono di abortire perché per portare avanti la gravidanza, Gabriella avrebbe dovuto interrompere le cure che la facevano stare meglio. Ma Gabriella non cedette e decise di portare avanti la gravidanza; era però consapevole di non potermi accudire e con sofferenza decise di lasciarmi in adozione con queste parole: “Non voglio che la bambina che ho partorito il 25/03/1984 abbia a soffrire come ho sofferto io. Poiché non sono in condizione di assisterla ritengo che sia bene, nel suo interesse, dichiararla in stato di adottabilità. Non ho parenti che possano occuparsi di lei”.
Attraverso i numeri di telefono di assistenti sociali, ospedali e altre strutture, mi misi in contatto con Manuela, un’operatrice di uno dei centri in cui mia madre Gabriella viveva; ci incontrammo e Manuela mi raccontò che lei e mia madre erano legatissime e che Gabriella aveva avuto semplicemente una grande mancanza di amore e che il suo autolesionismo era solo un grande grido di aiuto e di amore.
Parallelamente in questo periodo il mio matrimonio si stava rivelando un disastro e verso la fine dell’anno mi sono separata.

2011 – Come un prodigio

Decisi di andare a vivere da sola, in affitto. Erano i primi mesi del 2011 e diverse mie amiche o annunciavano il loro matrimonio o annunciavano l’arrivo di un bimbo; era un continuo ricevere partecipazioni alle nozze ed organizzare addii al nubilato. Io stavo malissimo: era il periodo più brutto e fallimentare della mia vita e dovevo in un qualche modo trovare le forze per gioire con loro.
Un giorno, Agnese, una delle mie più care amiche, mi disse che si sarebbe sposata in settembre e mi chiese di musicare il salmo 139. Lo lessi diverse volte per adattare il testo e comporre la musica. Le parole parlavano al mio cuore: “Sei tu che mi hai creato e mi hai tessuto nel seno di mia madre”…Nacque così “Come un Prodigio”.
Fino a quel momento mi ero sempre sentita un errore. Spesso ero depressa, mi disperavo e passavo le giornate a piangere. Scoprii finalmente che Dio è un Padre buono, assaporai il suo Amore e sentii che dentro di me si stava affievolendo la sofferenza di una vita costellata da tante amarezze: la mancanza di mia mamma, la separazione dei miei genitori, il fallimento del rapporto con mio marito.
Dio mi incontrò nelle parole di quel Salmo e mi aiutò a prendere coscienza del fatto che io non sono uno sbaglio, ma sono sua figlia, sono amata e appartengo a Lui. Finalmente non ero più orfana ma figlia di Dio.

 

Cominciai a frequentare di nuovo la parrocchia ma ancora con l’atteggiamento prudente di chi non si è ancora abbandonato del tutto. Durante il passare dei mesi nacque in me l’esigenza di cercare la verità relativamente al mio matrimonio concluso e avviai la pratica di nullità ecclesiastica. Avevo valutato i miei errori, i presupposti e il vero motivo che mi aveva portato a quel passo.

2013 – La svolta: la riscoperta della fede

Nell’estate 2013 trascorsi le vacanze in Puglia e decisi, più per la curiosità di vedere un “personaggio famoso” che per vera devozione, di andare a far visita a Padre Pio. Ci tenevo molto a vedere il suo corpo esposto, ma non arrivai in tempo. La cappella era già chiusa. Rimasi delusa ma non mi diedi per vinta: rientrata a casa sentii la voglia di approfondire la vita del Santo. Così vidi il film della sua vita, lessi la biografia, i suoi scritti e i siti che parlavano di lui. Rimasi molto colpita dai messaggi che Padre Pio inviava alle persone attraverso l’angelo custode. Quegli aneddoti mi invogliarono a pregare l’angelo custode che fino allora non avevo mai considerato. In più, attraverso la devozione di Padre Pio a Maria, presi consapevolezza che la Madonna è la Madre di tutti e che Dio mi aveva affidato una madre (e per me l’argomento“madre” era ovviamente un tasto delicato, considerata la mia storia). Iniziai a pregare anche lei, ad affidarle le piccole e grandi scelte della vita. Pian piano sentivo che Maria mi era accanto e che non dovevo avere più paura di nulla perché percepivo la sua presenza vera, viva e protettiva accanto a me. Da lì il passo ulteriore è stato quello di conoscere meglio Gesù e innamorarmi di lui!
Dal punto di vista pratico tornai a confessarmi per la prima volta dopo anni, partecipai alla Messa con commozione, cominciai a pregare, a leggere il Vangelo, a conoscere la vita di alcuni santi, a fidarmi di Dio e vivere nel e del suo amore per me. Si stava finalmente concretizzando questo legame affettivo e filiale con Dio che mi era stato anticipato dalla canzone “Come un Prodigio”.

2014 – Medjugorje – Assisi, Corso Vocazionale – Kilis – Medjugorje

Piena di impegni tra scuola, concerti e lezioni di chitarra nella mia parrocchia, in un pomeriggio dell’anno scorso un parrocchiano mi consegnò un pacco giallo da parte dell’imprenditore Romano Magnani, che io non conoscevo. Stupita lo aprii, dentro c’erano dei cd, un dvd dell’incontro di Sestola della veggente di Medjugorje Vicka e un calendario su cui è rappresentato il volto della Madonna di Medjugorje. Notai che il 25 Marzo era contornato da un cuore rosso. È il giorno dell’Annunciazione, il giorno della mia nascita e il giorno della morte del figlio di quell’imprenditore. Colsi in quel segno un invito ad andare a Medjugorje e prenotai il mio posto sul pullman per il pellegrinaggio a maggio.
Poco prima di partire per Medjugorje, sfogliando la Bibbia, mi capitò fra le mani il santino del mio battesimo: rimasi senza parole nel vedere che erano citati proprio i versetti del Salmo 139 che avevo scelto per il ritornello di “Come un Prodigio”. In più, poco sotto, c’era la scritta “O Maria, ti offriamo Debora”.
Avevo finalmente trovato la mia vera e definitiva famiglia, Dio e Maria! E dopo una vita passata a pensare di non valere nulla e di non meritarmi l’affetto di nessuno, Maria mi era venuta a ricordare che agli occhi di Dio io sono un prodigio! E in più mi stava chiamando a Medjugorje!
Così andai a Medjugorje per la prima volta ed ebbi la grande felicità di cantare “Come un Prodigio” durante la Messa, dopo l’apparizione del 2 Giugno, davanti a migliaia di persone.
A luglio decisi di frequentare il corso vocazionale ad Assisi, per dare una svolta alla mia fede, per temprarla, fortificarla e conoscerla sempre di più. Avevo sete e desiderio di Dio in un modo incredibile. Volevo abbandonarmi con tutta me stessa a Lui e al suo Amore. La prima cosa che notai fu che la suora incaricata ad animare i canti e i momenti musicali si chiamava Gabriella, come mia madre naturale! La bontà e la determinazione dei frati e la profondità delle catechesi, fecero breccia nel mio cuore e spalancarono in me il desiderio e la convinzione di voler fare della mia vita un capolavoro, di affidarmi completamente alla volontà di Dio e credere che niente è impossibile a Lui. Scoprii che tutte le mie delusioni erano il risultato delle mie precedenti illusioni e che Dio mi stava chiamando a confidare solo in Lui, a lasciarlo lavorare. Mi stava invitando a fargli spazio, a scommettere e puntare tutto su di Lui, perché Lui ha in mente grandi progetti per noi ed è l’unico che può venire a trasformare la morte in vita, i fallimenti in occasioni per ripartire, perché a Lui non interessano tutti i tuoi errori: a Lui interessi tu, così, come sei.

Ad Agosto decisi di seguire i consigli dei frati ad Assisi, i quali ci avevano insegnato che se vuoi far spazio a Dio nella tua vita devi essere pronto a parlare la sua lingua, ad agire come Lui: devi essere pronto a fare un gesto di amore gratuito. I frati ci proponevano spesso, come gesto di amore gratuito, l’esperienza della missione: perché Dio sta nei poveri, negli umili, negli ultimi e mettendoti a servizio degli altri, il tuo cuore imita quello di Dio, che può finalmente irrompere nella tua vita. L’accesso al cuore di Dio dipende dalla qualità della nostra fiducia e speranza in Lui e dalla nostra capacità di amare gli altri.
Volevo davvero incontrare il volto di Cristo e dopo aver contattato un’associazione che si occupa di portare aiuti ai profughi siriani, partì in missione per Kilis, una città turca al confine con la Siria. La missione, dato il momento e la situazione pericolosi del periodo, durò solo 4 giorni ma fu occasione per me di mettermi davvero al servizio di chi ha perso la casa, la terra, la speranza, la forza. Il nostro compito era quello di preparare i pacchi di alimenti e distribuirli alle famiglie siriane che vivevano rifugiate in Turchia, baracca per baracca.
Le condizioni delle famiglie erano pessime: sporcizia, povertà, case bruciate, baracche sperdute. Le famiglie erano numerose ma i volti erano sereni e i bambini sorridenti. Io volevo solo vedere Dio, toccarlo, servirlo, aiutarlo, sapendo che chi fa qualcosa al più piccolo lo fa a Dio stesso. In quei quattro giorni si sono susseguiti momenti intensi di riflessione spirituale, dovuta al constatare la situazione precaria di povertà delle persone e momenti di gioco con i bambini, che non vedevano l’ora di divertirsi: noleggiai quindi una chitarra e cantai ai bimbi “Come un Prodigio”. Dedicai questa missione al Signore con l’intenzione di chiedergli di venire nella mia vita e rivoltarla e trasformarla come più a Lui sarebbe piaciuto, rendendomi disponibile ad ascoltarlo e ad accettare la sua volontà, affinché potesse realizzare il Suo sogno su di me, cioè realizzare la mia felicità, il capolavoro della mia vita.

Frutti di “Come un prodigio”

“Come un Prodigio” è stata una bomba che è esplosa e che sta contagiando con il suo messaggio sempre più persone. Le visualizzazioni su youtube aumentano ogni giorno di più, le persone la condividono su facebook, i genitori la insegnano ai figli, i miei alunni di scuola la fanno sentire in casa, alcune persone la utilizzano come suoneria del cellulare. La canzone viene cantata per matrimoni e battesimi, in alcune parrocchie hanno fatto le magliette per i bambini dei campeggi, alcuni studi fotografici la usano come colonna sonora per book di foto di bambini, ad Assisi è stata usata come brano del Capodanno 2015 ed è tuttora usata come brano da cantare durante i corsi.
In più mi stanno chiamando a fare testimonianze in tutta Italia, chiedendomi di portare la mia vita e la mia musica soprattutto ai giovani; le persone mi scrivono in continuazione dicendomi che questa canzone li fa avvicinare a Dio, li fa commuovere, riflettere…si sentono amate dal Signore e ci tengono con tutto il cuore a farmi sapere come questo brano sia stato utile per il loro cammino di conversione. Ultimamente mi hanno contattato donne incinta, che hanno mariti che vorrebbero farle abortire e disperate cercano un conforto e mi dicono che attraverso “Come un prodigio” trovano la forza di portare avanti la gravidanza; mi scrivono persone separate, persone che vogliono avvicinarsi a Dio e non sapendo come fare mi chiedono un consiglio. Ogni tanto passo le serate e i pomeriggi a prendere caffè o a cena con alcune di queste persone per poter dare nel mio piccolo il mio contributo e una parola di incoraggiamento.
E per finire mi hanno proposto di incidere un disco, di fare un videoclip, di scrivere un libro…
Insomma, è scoppiata una vera e propria bomba d’Amore che spero continui a dare sempre più frutti a più persone possibili!
È questa è la bellezza del vero abbandono, l’abbandono in Dio!

Debora Vezzani